domenica 27 dicembre 2009

Onore a federico. G. Adinolfi

il 26 dicembre 1194, ottocentoquindici anni fa, nasceva a Jesi Federico II di Svevia, figlio di Enrico VI, dunque nipote del Barbarossa, e di Costanza di Altavilla della genia normanna.
Si pose a crocevia tra il mondo nordico e quello mediterraneo, affrontò con polso e con moderazione, con piglio e duttilità, gli arabi dirimpettai e rivali. Sotto di lui fiorirono le arti, le scienze, la filosofia, la ricerca, l'architettura, l'alchimia, la spiritualità e il diritto; fu così magnifico egli e così fantastico il suo operato che Federico fu definito Stupor Mundi.
Produsse veri e propri travasi di bile nei vertici del partito guelfo, al punto che il papa Gregorio IX, corroso dall'invidia, giunse a scomunicarlo senza motivo per ben due volte e ciò benché Federico restituisse alla cristianità il Santo Sepolcro.
L'opera di Federico II cementò il Sacro Romano Impero e mise in serio pericolo gli usurpatori guelfi e i loro alleati naturali assieme ai quali i papalini combatterono l'Impero: i signorotti avidi, intrisi di particolarismo e i mercanti avari, mossi da individualismo.

Alla morte dello Stupor Mundi, il papato compì il suo quinto peccato mortale contro il Sacro.
Dopo la catagogia affermata da Ambrogio che aveva compiuto la cesura metafisica dell'Impero Romano utilizzando all'uopo vere e proprie affermazioni diaboliche e sataniche, avevamo registrato il peccato di orgoglio anti-regale di papa Gregorio VII che, con la complicità della sua manutengola Matilde, a Canossa aveva osato umiliare l'Imperatore, Enrico IV.
Contro il nonno di Federico II, Federico Barbarossa, il papa Alessandro III aveva guidato la lega dei signorotti animata da intenzioni centrifughe e dall'odio dell'Auctoritas.
Il quarto peccato mortale fu la scomunica dello Stupor Mundi.

Tutti questi abomini si spiegano agevolmente nella pretesa, da parte della casta sacerdotale, di eliminare la polarità regale e guerriera cui l'assialità la vuole subodinata, e non solo l'assialità posto che il Sacro Romano Impero istituito, pur ancora senza quest'appellativo, da Ottone I, esprimeva chiaramente le gerarchie e la centralità dell'Imperium e dell'Augusto.
La ribellione contro la Forma e contro l'Auctoritas – che nella tradizione biblica è luciferina – si può esprimere in due modi diversi. O negando la superiorità, cercando d'imporre al suo posto un'eguaglianza teorica o, peggio ancora, usurpando una funzione che non si può ontologicamente ricoprire, e pretendendo all'uopo di modificare così tutto il quadro al fine di adeguarlo alla propria in-potenza.
L'operato in tal direzione, in rigetto della virilità spirituale, è simbolicamente inteso come una spinta alla castrazione. E la storia ce ne ha dato conferma.
Il papato volle sostituirsi all'Imperium e fu mosso da spirito di castrazione e di anti-virilità: Si tratta di un lungo fil rouge, quasi ininterrotto, che ha avvelenato e persino dannato la storia europea giungendo a strumentalizzare, umiliare, mortificare, tradire le splendide affermazioni benedettine, francescane, bernardine, lo spirito di Cavalleria e il fervore mistico.

Ci furono, ovviamente, eccezioni: sparute ma eccelse, tra cui spiccano quelle di Silvestro II e Celestino V.
Solitamente però, corrosi dall'odio, dal rancore, dalla gelosia e dal desio di un'usurpazione impossibile, contro l'Impero si mossero gli eunuchi armati. Essi compirono così tra gli altri anche quei delitti spirituali e politici che abbiamo descritto.
A questi delitti contro il Cielo e l'Impero seguì poi, dopo il trionfo terreno e la successiva morte di Federico, la crudele e spietata caccia alla sua discendenza che fu perpetrata dall'intero partito guelfo che non esitò a far strage degli adolescenti di Svevia. Memorabili e struggenti versi ci sono rimasti in ricordo di Corradino; Dante esalta la figura di Manfredi che considera l'ultimo principe italiano in quella Commedia – poi detta Divina – in cui inchioda il papato alle sue responsabilità infere.

Ottenne così, il partito guelfo, di smembrare l'Ecumene centrato e trascendente per sostituirlo con una dittatuta totalizzante e opprimente ammantata sì di parole soavi ma impertinenti e sempre contrabbandata per qualcosa di superiore che mai fu. Una dittatura contro il Cielo (ma esercitata “in nome del cielo”) che poi ha generato quello che ha generato ossia – dalle sue stesse viscere – il protestantesimo, il calvinismo e il comunismo infine riuniti, tutti, con la loro matrice guelfa e con la loro antenata biblica, nel mondialismo in cui ognuno di questi banchetta sì, ma è e resta un commensale nano. Chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Noi preferiamo ignorare chi, rancoroso, rabbioso e geloso, è caduto dai trampoli su cui si era arrampicato mentre cercava di rimpicciolire il più grande e onorare invece l'Alto.
Onore a Federico!

martedì 22 dicembre 2009

Non commettere atti impuri

ANSA - Fare sesso in età giovane raddoppia il rischio di sviluppare il cancro della cervice: ad affermarlo è uno studio britannico pubblicato sul British Journal of Cancer. Il rischio di tumore è più alto nelle donne che hanno avuto il primo rapporto sessuale a 20 anni anziché a 25

Donna, partorirai con dolore! Nelle more, patirai il tumore, osando darti alle gioie dionisiache prima degli -anta.
Così gli alchimisti di Albione intimano la femina... non copulare in giovane età perchè di te resterà un utero canceroso!
Progresso, che doni a noi sapientia et sanitas ! Secoli e secoli di gravidanze pre-adolescenziali, madri di stirpi guerriere, non sapevate dunque voi l'insidia? Non apprezzavi, donna di Sparta, i rischi per concepire l'Uomo che ti nacque? Femina, seguendo la via dell'alchimista di Britannia, acquisisci saggezza! Protestantizzati o almeno vaticanizzati, non scopare da giovane!

lunedì 21 dicembre 2009

Chione, delle nevi

Chione - Neve - non è intrigata dalle conferenze mondiali sul clima. L'emisfero boreale che si accosta al Solstizio è candido di neve e ghiaccio, con buona pace di anidridi, ozoni e amenità quotidiane globalmente surriscaldate.
Che arroganza, mezzuomini! Pensare di poter mutare l'immutabile, space cowboys che deviano asteroidi masturbando neutroni, persuasi di poter avvelenare il fluido del mondo. Dei consessi mal riusciti dei mal riusciti di Copenaghen Chione si cura poco, giusto il tanto per dare una lezione ai fanatici surriscaldati e trasferire l'Artico alle nostre latitudini.
Che diletto, le auto ruzzolanti, gli aeroporti strabordanti del verminaio vacanziero represso, i treni soppressi. Eccoli vociare, i buffoni del progresso tecnologico ad AV (alta vacuità)!
Chione, dicevo, si vantava di esser più bella di Artemide che, per questo, la trafisse! Le accadde, prima, di amare Apollo, non l'ultimo scientista.
Buon Solstizio

Solstizio

Solstizio d'inverno (noreporter.org)
Avviene quando il Sole, nel suo moto annuo lungo l'eclittica viene a trovarsi alla sua minima declinazione.e la sua minima altezza sull'orizzonte.
L'arco diurno è più breve che in qualsiasi altro periodo dell'anno.
L'ombra di uno gnomone (l'asta verticale infissa nel terreno che nell'antichità serviva per determinare l'ora) proiettata lungo la linea meridiana, raggiunge la sua massima lunghezza.
Il giorno più corto non è sempre lo stesso ma varia nell'arco di ventiquattrore; quest'anno capita proprio il 21 dicembre e l'alba del 22 dicembre è quindi quella sostiziale.
Dal 22 dicembre, minuto dietro minuto, le ore di luce aumentano, fino all’apoteosi del Solstizio di Estate quando si avrà il giorno più lungo e la notte più corta dell’anno.

Il solstizio d'inverno fu sempre considerato sacro, meraviglioso e in qualche modo magico.
Iniziava nella nottata più lunga in cui si attendeva la nascita del Nuovo Sole, si esaltava nel tripudio dell'alba seguente, proseguiva con la celebrazione della raggiunta fissità (sol-stitium) dell'astro che par immobile per tre giorni, dal 22 al 24 dicembre, e si chiudeva con l'apoteosi del 25 dicembre.
Tale data, quella che per i Romani fu il Dies Natalis Solis Invictus, era già fissata in Persia un millennio prima della fondazione dell'Urbe.
Nella Persia antica il solstizio invernale era celebrato cantando l'inno che narrava la nascita del mondo.
In Alessandria d'Egitto abbiamo la festa del Natale di Horus. Le statue della dea madre Iside, col piccolo in grembo o attaccato al seno (prefigurazione delle statue della Madonna che allatta il sacro Bambino), venivano portate in processione di notte verso i campi al lume delle torce. E la folla rivolgeva all'immagine una serie di invocazioni, le cosiddette "litanie di Iside" che, nella versione greca, sembrano concordare perfettamente con le successive litanie della Madonna.
Sempre in Egitto, ad Helipolis (la Città del Sole) invece, da prima ancora, almeno dal XV secolo a.C, si celebravano feste solstiziali e luminose incentrate su concezioni virili.
I Germani festeggiavano lo Yule legato a Wotan/Odino che durante le notti solstiziali andava a caccia insieme ai guerrieri caduti contrassegnando così l'atemporalità eternizzante del sol-stitium. I bambini di notte lasciavano le calzature fuori dalla porta e Wotan/Odino le riempiva di doni e dolci. Di lì, dopo la sovrapposizione di San Nicola, o Santa Klaus, abbiamo poi avuto Babbo Natale.
Anche l'Albero di Natale, generalmente un sempreverde, indica sia l'assialità che l'atemporalità ed è Axis Mundi, Albero della Vita.
A Roma il solstizio era legato ai Saturnalia (che contenevano il ricordo dell'Età dell'Oro) e che si fusero, già nel I secolo avanti Cristo, con le analoghe feste mithraiche.

Tra il IV e il V secolo dopo Cristo la Chiesa romana, acquisito il potere politico e, chiamata a cementare dall'alto una società non evangelizzata, considerata la diffusione irreprimibile dei culti solari, pensò di celebrare nello stesso giorno del Sole Invictus il Natale del Cristo, inteso come il vero Sole.
Un'operazione politica che trova anche una spiegazione meno meschina: se si considera il Cristo come figlio del Verbo e via esperenziale di verità “rivelata”, la sovrapposizione acquista un significato diverso dalla semplice manovra ecclesiastica.
Nel prosieguo della composizione europea, ai temi romani accolti dalla Chiesa, e che già riprendevano a loro volta degli aspetti mithraici ed isiaci, si sono aggiunti quelli nordici e ha così preso forma tutto il simbolismo natalizio che conosciamo oggi.

Il Solstizio d'Inverno è il passaggio dalle Tenebre alla Luce e tale constatazione ha pervaso le celebrazioni attraverso i secoli. All'attesa puramente cerimoniale dei più e alla concentrazione pulita e speranzosa di molti che si limitano però alla categoria dualistica più volgare e dozzinale, si collega anche un'introspezione reale più selezionata.
Nulla più del Solstizio dà il senso quasi tangibile del Solve et Coagula e nulla più del Solstizio d'Inverno detta una riflessione, un ripiegamento su di sé nel momento di trapasso, tra la morte della luce e la rinascita della luce: è quasi un morire a se stessi per rinascere purificati.
Per questo, oltre che per il momento astronomico assiale, nulla più del Solstizio d'Inverno ha espresso il momento cardine per ognuna delle funzioni delle civiltà normalmente tripartite.
L'ultima difesa della terra ha motivato i contadini, l'esiguità della luce e il suo tremore ha stimolato i sacerdoti, la prova intima e nuda con se stessi nel momento in cui tutto è messo in discussione, ha esaltato i guerrieri.
Il Sole rinascente ha unito e sublimato tutti.

Le culture tradizionali e guerriere riemerse nel XX secolo si sono cementate su questo piedistallo e, financo dopo l'avvento del potere globale antitradizionale e criminale che le stroncò, chi ad esse si è continuato a riferire ha mantenuto questa concezione vivificante e alcuni momenti comunitari solstiziali la cui importanza trascende la stessa consapevolezza di chi continua a viverli.

martedì 15 dicembre 2009

Freda

intervista del Corriere

Sedicente apartitico, antidemocratico, nazimaoista, Freda è per l’ordine delle idee, per il cameratismo, per l’Aristocrazia con la A maiuscola a sottolineare il radica­le rifiuto di tutto ciò che è uguaglianza. Pa­role d’ordine: onore, gerachia, fedeltà. De­molitore del sistema borghese con la scia­bola della sua casa editrice, Ar, che pubbli­ca classici del pensiero antimoderno, da Spengler a Nietzsche a Evola. Insomma, non è facile parlare con Fre­da. Se fai domande semplici ti massacra. Se le fai complesse, ringhia. Gli abbiamo scritto e lui ha massacrato e ringhiato co­sì.

Cos'è per lei Piazza Fontana? «Il mio predicato criminale. Farò una ri­chiesta alle autorità per aggiungerlo al mio nom de plume, Luciano Lìcandro. Voi­là: Luciano Lìcandro di Piazza Fontana. Le piace? Suona bene?».

Sempre innocente? «A questa domanda hanno già rispo­sto, autorevolmente, le corti di Catanzaro e Bari. Non si abbia l'insolenza di fingere che questa risposta che dichiara la mia non responsabilità criminale non sia stata data».

Riconosce qualche altra accusa? «Sì, l'attentato che da oltre cinquant'an­ni muovo alla visione del mondo della de­mocrazia».

«Se Freda dicesse la verità», dice il giu­dice Stiz che per primo ha indagato su di lei. «L'unica verità è che sono stati lo­ro: Freda e Ventura». Lo raccontano le sentenze. Cos'è per Freda un giudice, una sentenza? Cos'è la giustizia terrena? «Un giudice è un attaché dell'ordine giudiziario che si sente ministro sacerdo­tale della giustizia. Se la politica è la conti­nuazione della guerra con altri mezzi, la politica giudiziaria, con le sue sentenze, è anch'essa prosecuzione della guerra, gio­cata attraverso la posologia delle sanzioni. Una sentenza è una battaglia. Giustizia è subordinazione dei peggiori ai pochissimi migliori: della massa dei peggiori ai po­chissimi migliori. E' regime castale. E' sot­tomissione ai 'belli-e-buoni'. Non è certo intrisa, la giustizia, di ipocrita bava senti­mentale».

Una strage di Stato. Servizi, copertu­re, depistaggi, strategia della tensione. Cosa ne pensa? «Penso che riesca a darsi da solo la ri­sposta circa l'imbecillità di questo assem­blaggio di elementi, che può giustificarsi solo nel disordine di una rissa politica, cui non è di mio gusto partecipare. Chi ha for­mulato simili ipotesi parla di verità, ma in realtà non la persegue, voglioso di coltiva­re solo il proprio 'particulare' interesse. La sua è strategia di astensione dalla veri­tà».

Se qualcuno ha voluto la strategia del­la tensione per creare un nuovo ordine di idee, un cameratismo antisovietico, ha fallito. Non crede? «In qualsiasi comportamento umano c'è tensione. Forse oggi non più, tant'è ve­ro che si ricorre a sostanze psicotrope per eccitarla, oppure ai transessuali. Oggi la tattica è quella dell'entropia, della catato­nia, dell'abbassamento, dell'estenuazione. Io fin dall'adolescenza mi sono riconosciu­to in un sentimento e in una idea del mon­do radicalmente ostile alla democrazia, ov­vero all'egualitarismo, ossia al cristianesi­mo, dunque alla modernità nel suo com­plesso, alla decadenza che la connota. Vi­vendo questa ostilità, ho colto in quei regi­mi castrensi del secolo scorso, meglio no­ti come fascismi, delle forze di reazione, delle insurrezioni contro la decadenza, germinate, tutta­via, dal suolo della moderni­tà».

Che sistema ne è uscito secondo lei? «Di fronte al nuovo pae­saggio che si disegna, di guerre razziali, di conflitti etnici, si continua a parlare di assetti sociali, di antago­nismi ideologici, di istan­ze distributive di ricchez­za. Mentre osserviamo le convulsioni, l'agonia in cui si dibatte la nostra razza?».

Chi è Franco Freda? «E’ un uomo che ha agito come ha il do­vere di comportarsi un soldato politico, un miliziano, quando combatte dietro le linee nemiche. In questo caso, quelle della democrazia. La sua linea di condotta rima­ne quella cantata da Bertold Brecht, ebreo comunista di rango. Nella mia parafrasi: 'Chi combatte per il sentimento e l'idea del mondo in cui si riconosce deve conti­nuare la battaglia e interrompere la batta­glia; dichiarare la verità e celare la verità; protendersi e ritirarsi; irrigidirsi e piegar­si da giunco fino a che la corrente non sia passata. Chi combatte per il senso e l'idea del mondo in cui si riconosce ha tra tutte una sola divisa: nulla tralasciare per com­pierli e realizzarli'. La mia vocazione è quella dell'uomo che abbia dignità e ri­spetto di sé».

Ordine Nuovo: un movimento, un'idea, un'illusione o cosa? «Niente. Ma non il niente del nichili­smo. Proprio niente, aria fritta».

Carlo Maria Maggi (il dottore venezia­no di Ordine Nuovo) dice: non c'erano contatti con i padovani, ci si detestava. E' vero? «L'aria fritta si può detestarla?».

Maggi dice anche che secondo lui la pista più probabile è Valpreda. Come la vede? «Mi scusi, ma l'espressione aria fritta non esaurisce il tutto del niente?».

Secondo l'agente Spiazzi invece, sareb­bero stati gli americani. Tutti dicono la loro. Le viene da ridere? «Ci sarebbe da piangere quando i latrati e i guaiti della canaille raggiungono la lu­na».

Cos'è una strage di gente comune? «Si rivolge a me? Perché non ai dirigen­ti del Pentagono, che hanno pianificato le stragi, l'altro ieri in Serbia, ieri in Iraq, og­gi in Afganistan? Per non ricordare Hiro­shima, Nagasaki, Dresda, la Palestina… Perché loro non sono testimoni di Evola, ma di Yahvè?…»

Piazza Fontana le ha cambiato la vita? «Non confonda il fatto con la sua proie­zione giudiziaria, processuale. Quest'ulti­ma mi ha imposto quattordici anni di clau­sura, che per me ha significato una guerra di posizione, un radicamento nella mia li­nea di fronte».

Sopporti l’ultima domanda borghese: chi è stato? «E lei sopporti questa massima di Shakespeare: 'I segreti si affidano al cuo­re, non alla lingua'. E se per assurdo io avessi un segreto, lo affiderei alla sua gaz­zetta cursoria?».

venerdì 27 novembre 2009

Rieccoci


il supremo governatorato di splinder ha deciso che figlidelsole non era adeguato alle TOS. cosa siano - tossine, tossici, tosaerba, toscani, tostapani - l'ho dovuto interpretare... sono le banalissime condizioni di utilizzo che vanno approvate al momento dell'apertura del blog. dove questa inadeguatezza si annidasse non è dato saperlo: lo spirito del blog era antitos! quindi migriamo, seguendo la via del cinabro.
grazie ai 5000 visitatori che hanno usurato l'iride sui figlidelsole...