Per quanto le agenzie diano risalto ai proclami degli affaristi della CEI, per quanto i vescovi si affannino a predicare e moraleggiare su vizi degli italiani e inadeguatezza della classe politica, oramai la solfa della chiesa pastore delle greggi se la bevono in pochi.
Le pecorelle restano smarrite e se devono scegliere preferiscono lasciarsi condurre da altri buffoni che dalle tonache.
Mi compiaccio dell’odierno richiamo ai comandamenti (“non rubare”) rivolto ai politici, che userebbero il sud spietatamente, come serbatoio di voti. Osserverei: non era il nazareno a predicare di togliere la trave dal proprio occhio prima di guardare alla pagliuzza nell’occhio del fratello?
A ben vedere la potenza costruita nei secoli dai seguaci di Paolo di Tarso risiede tutta nella grande ipocrisia di chi, banalmente, predica bene e razzola male, molto male.
Dal mercato delle indulgenze alla rapina delle casse dello stato con la scusa della caritas, dalla dottrina depotenziante della vera-vita nell’oltretomba alla litania sulla morale, sul bene e sul male, raschiando via le scorie resta, impietosamente, una cricca d’affari.
Perlopiù plumbea e tendenzialmente obesa.
Nessun commento:
Posta un commento